Un giorno di primavera il transatlantico su cui avevo lavorato e vissuto per tanto tempo ritornò a Genova senza di me.
Scesi a New York. Avevo con me denaro sufficiente da permettermi di fare il turista per qualche giorno e così andai alla scoperta del “nuovo mondo”. I giorni trascorrevano veloci. In breve tempo ritrovai un lavoro presso una falegnameria industriale che mi permetteva di vivere.
Così i monotoni giorni newyorkesi mi passavano come il legno tra le mani: sempre uguali e da modellare e colorare con i miei pensieri ed i miei sogni.
Gli anni trascorsi sul transatlantico di linea mi avevano permesso di elaborare il mio sogno nei minimi dettagli: costruire mobili in stile vecchia marina per arredare gli ambienti domestici e fabbricarli in uno spazio mio, una falegnameria mia, un’attività mia!
La mia mente tornò a molti anni prima, ad Antonio il pescatore ed alla mia decisione di lasciare il paese natio per imbarcarmi verso l’America. Mi accorsi di riprovare, lì dov’ero, la stessa sensazione di tanti anni prima, una curiosità per il nuovo mista ad una insofferenza di vivere per troppo a lungo nel solito luogo facendo le solite cose.
Così presi nuovamente la decisione di ripartire: una decisione che – come mi accorsi solo molti anni dopo – cambiò lo scorrere della mia vita e mi arricchì di esperienza e di saggezza. La mia intenzione non era di tornare a lavorare sulle navi di linea, il mio sarebbe stato un viaggio personale.
Nel periodo della mia gioventù visitai molti paesi in giro per il mondo, incontrai sul mio cammino persone diverse appartenenti a molte culture differenti. Assaporai modi di vivere esotici, condizioni climatiche estreme ed in ogni luogo in cui decisi di fermarmi per periodi un po’ più lunghi, trovai sempre validissimi motivi che avrebbero potuto spingermi a restare e a non ripartire mai più.
Ma ogni notte si ripeteva il sogno e talvolta continuava dal punto in cui mi aveva lasciato la sera precedente. Che mi fossi trovato in Africa o in Asia, in Medio Oriente o in America Latina, sognai per anni quello che sarebbe stato il mio destino: ritornare al paese dov’ero nato e costruire i miei mobili, da me ideati e che avessero il mio nome, mobili in stile vecchia marina Caroti!
Desideravo circondarmi di tante persone valide che mi aiutassero a mettere in piedi questo progetto ed alle quali poter trasferire la mia arte e la mia passione per il legno, così come era successo a me con le persone che avevo incontrato sul mio cammino.
Desideravo lasciare un segno tangibile della mia arte di lavorare il legno che racchiudesse in sé anche tutta la bellezza e l’unicità che io avevo visto in giro per il mondo, viaggiando per mare! E volevo generare benessere e prosperità per me, per chi avesse contribuito con me a realizzare questo progetto e per chi sarebbe venuto dopo di me a continuare questo sogno!
Era un giorno di inizio estate, nel cielo completamente azzurro splendeva il sole e in lontananza volavano i gabbiani. Era caldo e mi abbeverai alla fontanella ancora funzionante nella piazzetta della chiesa; il bar, invece, si era trasferito dieci anni prima, mi dissero.
Scesi al porticciolo, mi misi a sedere sul mio muretto. Mi venne la voglia di verificare se avessi ancora gli occhi di lince così provai a contare quante vele riuscissi a scorgere all’orizzonte. Erano passati decenni dall’ultima volta.
Guardai l’orologio, le cinque meno dieci. Mi affrettai a tornare in paese, due uomini mi aspettavano per propormi l’acquisto di un piccolo fondo in cui avrei finalmente creato mi miei mobili Caroti, in stile vecchia marina.
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