Arrivai a Genova un giorno di fine Settembre.
Seguii le indicazioni che Antonio aveva avuto dal suo amico e nel giro di un paio di giorni fui imbarcato come mozzo a bordo di un transatlantico di linea in partenza per l’America.
Al momento di imbarcarmi mi chiesero che esperienza avessi in mare e che cosa sapessi fare. Risposi che per mare non ero mai andato perché fino ad allora avevo lavorato come apprendista falegname, quindi sapevo lavorare il legno e riparare mobili. Penso che sia stata questa risposta a convincerli definitivamente ad arruolarmi a bordo: ero l’unico sulla nave a saper lavorare il legno e quindi, da subito, divenni l’addetto alla manutenzione di tutta la mobilia in legno con cui erano arredati gli ambienti della nave.
Non lo sapevo ancora all’epoca e lo compresi solo molti anni dopo, ma quel viaggio e le mansioni che mi vennero assegnate rappresentarono per me il seme di tutta la mia successiva fortuna!
Il sole faceva capolino tra una coltre di nuvole bianche e grigio-blu. Spirava una tenue brezza di terra. Uomini e donne di ogni estrazione sociale si avvicendavano per salire e poi, una volta giunti a bordo, per sbracciarsi a salutare chi era rimasto a terra.
In un giorno di un Ottobre caldo e umido furono tolti tutti gli ormeggi, la nave emise i suoi fischi di saluto alla partenza e cominciò a muoversi lentamente verso il mare aperto.
Sarebbe giunta a New York qualche settimana dopo. Non so in quale giorno di preciso, perché per molti anni – tutti quelli che navigai – persi la cognizione dello scorrere del tempo.
Dal primo giorno di navigazione iniziai a fare manutenzione a mobili e arredi della nave. Non avevo mai visto prima i mobili dei transatlantici, trovai subito che avessero una linea ed uno stile molto belli. Col tempo il mio lavoro non mi sembrò più neanche tale: era diventata una vera e propria passione poter prendermi cura di quei meravigliosi oggetti e riportarli alla bellezza e funzionalità originarie. In particolare un’idea mi accarezzava la mente: cercavo di immaginarmi come potesse essere una casa arredata con questi mobili in stile marinaro. Pensavo che sarebbe stato bello, un giorno, riportare le atmosfere dei transatlantici e dei viaggi per mare all’interno della mia casa. Come ricordo di questi anni. E pensavo che la stessa cosa sarebbe potuta piacere a molte altre persone che – come me – avevano nelle vene l’amore per il mare e per tutto ciò che lo evocasse.
I miei giorni da mozzo-falegname trascorrevano intensi e per me ogni cosa era una nuova scoperta. Passavo tutte le ore del giorno a piallare, verniciare, smontare e riparare…
Mi accorsi all’improvviso come fossero lontani i tempi delle estati trascorse seduto sul muretto del porticciolo a contare le vele all’orizzonte. Adesso, in viaggio, passavano giorni e giorni senza scorgerne neanche una di vele.
Dopo qualche giorno di navigazione ci lasciammo alle spalle il Mediterraneo sullo stretto di Gibilterra e restammo solo noi di fronte all’Oceano Atlantico. L’Oceano era la “cosa” più imponente che avessi mai visto, una massa infinita d’acqua in continuo, costante movimento, capace di sprigionare con le onde delle forze inaffrontabili.
Subito dalla prima notte presi un’abitudine: non riuscivo a dormire molto, tanto mi sembrava di vivere quasi in un sogno, quindi ero solito, a notte fonda, svegliarmi e uscire sul ponte, sdraiarmi per terra ed ammirare la volta celeste come non l’avevo mai vista, così incredibilmente punteggiata di stelle.
Trascorsero in questo modo molti giorni, molte notti e molti lunghi mesi della mia vita. Su un transatlantico di linea tra l’Europa e l’America a riparare mobili in stile marinaro ed i più vari oggetti di marineria che erano in dotazione. A incrociare persone che non avrei mai più incontrato con il loro carico di destini e storie. Tra due porti e due città: Genova e New York.
Finché un giorno a New York decisi che non sarei tornato indietro un’altra volta. Decisi che da lì in poi avrei solo proseguito in avanti.
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